venerdì 22 novembre 2013







Doveva fermarsi a Calcutta? Calcutta significava la potenza della vita e il sentimento diffuso della morte, sensualità esasperate e passioni senza regole, uomini fieri dalle facce scure, donne riservate, silenziose, vestiti di seta, forti colori e l'odore acre di ogni cosa che marcisce. Sentiva lontano e artificiale il suo mondo pieno di uomini d'affari e di professionisti posseduti dal denaro, vittime arroganti del loro disordine interiore. Le piaceva il disordine naturale dell'india, che umiliava chiunque avesse voluto imporre i propri principi. Le piaceva quel modo danzante di camminare che aveva la gente di Calcutta. Capelli neri e lucenti, occhi che ti guardano dilatati dallo stupore. Volti incantati o pervasi di fredda malvagità, segreti e inaccessibili come il profondo mistero dell'esistenza.
Talvolta si chiedeva se la sua Europa non fosse soltanto un meccanismo, calibrato alla perfezione, per annientare qualsiasi tensione vitale, per avvilire con brutale disprezzo l'esodo di chi si illudeva di cercare rifugio nella terra della democrazia senza eroi. ...
Sensualità - Stefano Zecchi - Mondadori Editore - 1995 






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